"...non c'è gusto in Italia a essere intelligenti" di Flavio Brighenti


“Non c'è gusto in Italia ad essere intelligenti”,

diceva Freak Antoni in una celebre battuta del suo campionario demenziale.
Eppure, che sacrosanta verità, la sua.
Prendete Tony Carnevale.
Vanta un curriculum che fa paura - correte sul suo sito, e scoprirete che avete ascoltato tante volte la sua musica, e neanche lo sapevate! - ma soprattutto è un artista che più e meglio dei tanti (presunti) santoni del made in Italy sonoro ha saputo cogliere l'idea di musica totale che avvolge il nostro tempo.
Carnevale è insieme colto e popolare, uno che non si vergognerebbe di passare idealmente dalla “santità” di (Johann Sebastian) Bach alla blasfemia di (Sebastian) Bach, il cantante ex Skid Row.
Uno che sa percepire il senso dell'arte al di là degli steccati ideologici e culturali.
Uno che ama la serietà e, contemporaneamente, la risata liberatoria.
Uno che può saltellare con disinvoltura dalla classica alla contemporanea attraverso il Progressive Rock (etichetta che, cucita su di lui e la sua idea di musica, risulta stretta come gli abiti dell'incredibile Hulk prima della trasformazione), la formidabile visionarietà delle colonne sonore o magari la squisita essenzialità della forma-canzone.
Uno che, soprattutto, nonostante l'orizzonte sterminato della sua opera, ancora mette nel suo lavoro la cura appassionata e certosina dell'artigiano.

Non c'è gusto in Italia a essere intelligenti, appunto.


Flavio Brighenti (La Repubblica -XL)