A&B: intervista a Tony Carnevale, di G. Livi


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Introduzione

E’ stato definito “l’apripista della rinascita del Progressive in Europa” e per anni ha goduto della stima di due miti del Progressive italiano come Francesco Di Giacomo e Rodolfo Maltese, che a più riprese hanno con lui collaborato.
Inserito in diverse enciclopedie e libri dedicati al Progressive, italiani e stranieri, è considerato dalla stampa specializzata fra i pochi capaci di scrivere musica per tutti gli strumenti, dalla band all’orchestra sinfonica.
È Tony Carnevale, un’eccellenza della nostra penisola, che batte la bandiera libera di chi ha sempre caparbiamente prodotto in solitaria i propri lavori (ben sette i dischi a suo nome, di cui l’ultimo coinvolgente ottanta tra musicisti e cantanti), lavorando nell’industria musicale a tutti i livelli, dalla Discografia alla Televisione, passando per il Teatro, la Danza, il Cinema.
È un personaggio unico della scena nazionale: pianista, compositore, arrangiatore, orchestratore, produttore musicale, direttore d’orchestra e di coro, è anche autore di articoli e libri sulla musica. In qualità di formatore di altri artisti, ha elaborato un metodo didattico originale motivato da un serio impegno sociale a tutto vantaggio della diffusione di una nuova cultura musicale: in tale contesto ha fondato ANORA, Associazione Culturale che promuove l’idea secondo cui l’espressione attraverso i suoni è un diritto naturale di tutti gli esseri umani e non un privilegio di pochi “eletti”.
Lo abbiamo incontrato nel suo studio di Roma.



Intervista

A&B: Ciao Tony. La mia prima domanda è in realtà una commemorazione doverosa. Tu hai collaborato con molti artisti ma ce ne sono due che mi piacerebbe ricordare con maggiore attenzione: si tratta di Francesco Di Giacomo e Rodolfo Maltese. Non sperare di cavartela con poche parole. Tony Carnevale: Caro Gianluca, non posso e non voglio proprio cavarmela con poche parole. Il mio primo incontro con Francesco fu in realtà con la sua voce: era il 1973 e mi avevano regalato un registratore Philips K7 con una sola cassetta audio… si trattava di “Io sono nato libero” del Banco. In quell’estate mi innamorai per la prima volta di una ragazzetta mia coetanea, e la voce di Francesco, che ascoltavo in solitudine, a casa, dopo essermi separato da lei, faceva da colonna sonora a quelle sensazioni mai provate prima e indimenticabili, fondendosi con esse. L’anno dopo andai al festival di Villa Pamphili perché vi suonava il Banco e, quando vidi Francesco dietro al palco, scavalcai le transenne per richiedere un autografo, puntualmente inseguito dalla sicurezza (risate). Da allora, porto sempre nel mio portafogli il biglietto del Festival con la sua firma.


A&B: Quando lo hai conosciuto personalmente?

Tony Carnevale: Nel 1985 conobbi per puro caso la sorella di Gianni e Vittorio Nocenzi. Mi invitò a cena a casa sua e così iniziai il rapporto con quei miei miti dell’adolescenza, in particolare con Vittorio, con il quale mi ritrovai a lavorare praticamente da subito. Ovviamente, lavorando con lui, conobbi finalmente Francesco di persona. Non gli dissi nulla dell’autografo…non so bene perché… era come se aspettassi qualcosa, un momento giusto. Intanto avevo conosciuto anche quell’uomo straordinariamente sensibile che era Rodolfo. Dopo qualche anno chiesi ad entrambi di suonare e cantare su un mio brano: Rodolfo accettò subito ma Francesco mi disse in romanesco: “a To’, semo amici, ma se non me piace non lo canto”. Per fortuna gli piacque parecchio e con quel brano finimmo addirittura nella Enciclopedia “L’Italia del Rock” di Repubblica (pubblicato effettivamente sul n. 6, interamente dedicato al Rock Progressivo nazionale, “La vita che grida” era l’unico brano di rock progressivo degli ’90 dell’intera opera. NdA)

A&B: Con loro hai anche condiviso lo stesso palco.

Tony Carnevale: Ad un certo punto, Radio Rock ci incastrò annunciando una mia apparizione ad un concerto dove suonava anche il Banco. Dovemmo inventarci al volo una performance e fu una cosa particolarissima perché la formazione sul palco cambiava ad ogni brano, senza che la musica si interrompesse. Fu un momento straordinario: vedevi spuntare senza soluzione di continuità Pierluigi Calderoni, Rodolfo Maltese, Francesco Di Giacomo, Pippo Matino, Rudy Costa e tanti altri musicisti.
Immagina l’emozione di ritrovare sul palco – e, poco dopo, sul mio secondo CD solista – la chitarra e la voce che avevano accompagnato quella prima estate da innamorato. Forse erano stati anche loro a farmi innamorare definitivamente della musica, portandomi a farne anche il mio lavoro.
Era quello il momento che aspettavo: fu infatti in quell’occasione, prima di salire sul palco, che mostrai a Francesco il biglietto di Villa Pamphili del ’74. Fu un momento di grande commozione per entrambi che poi Francesco volle condividere con il pubblico dedicando un breve monologo a quell’incontro, mostrando a tutti quel biglietto, parlando addirittura di passaggio di testimone, di nuove generazioni che avanzano.


A&B: ero presente anche io a quel concerto e, anche per me, fu un momento indimenticabile. Era il 22 aprile del 1993, al “Castello” di Roma, e fu proprio in quell’occasione che conobbi di persona Francesco, intervistandolo per la prima ed unica volta. Ho commemorato quell’incontro con uno scritto che si trova qui. Tony Carnevale: bei ricordi. Francesco e Rodolfo erano due persone uniche, senza retorica, due persone buone, pulite, con un cuore immenso, sempre disponibili a seguirmi nelle apparizioni dal vivo. Due uomini di rara umanità, difficile da trovare nel mondo dei musicisti che ho frequentato. Ho passato con loro momenti assolutamente indimenticabili.


A&B: loro sono presenti praticamente in quasi ogni tuo disco.

Tony Carnevale: oltre che ne “La vita che grida”, hanno suonato anche nel mio “Live” e in “Dreaming a Human Symphony” (lo abbiamo recensito qui), cosa per cui, oltre ad essere loro immensamente grato, sono anche molto fiero. Si sente tanto la loro mancanza…



A&B: Hai realizzato sette lavori a tua firma ed ognuno era diverso dall’altro. Si passa dai classicismi di “Risonanze”, al prog metal di “La vita che grida”, passando per un disco di solo piano e un’opera rock. Quale è, effettivamente, il tuo stile? Non temi che parlando di Tony Carnevale, pubblico e critica possano faticare ad identificarti?

Tony Carnevale: Il mio stile forse è proprio questo: non essere identificabile con un “genere” specifico, ma appartenere alla musica nel senso più ampio. I musicisti che hanno un proprio stile sono quelli dei quali puoi riconoscere la mano anche in cose apparentemente molto distanti: se ascolti la “Sonata opera 111” di Beethoven e poi “Per Elisa” non sembrerebbero appartenere allo stesso compositore, eppure si sente qualcosa che li accomuna, un certo stile, che altro non è che il modo originale che ha quella persona di esprimersi attraverso i suoni. E potremmo andare avanti mettendo insieme il Mozart della “Eine Kleine Nachtmusik” con quello del “Requiem”, il Keith Emerson di “Benny the Bouncer” con quello di “Trilogy” o della “Toccata” elaborata dall’originale di “Ginastera”, i King Crimson di “21st Century schizoid man” con quelli di “Moonchild”, i Deep Purple di “Highway star” con quelli di “Child in Time”, il Mike Oldfield di “Tubular Bells” con quello di “Moonlight shadow". Insomma, potremmo continuare per ore. Pensa alle colonne sonore: ogni film è diverso dall’altro anche se riconosci lo stile di Hans Zimmer o di Ennio Morricone, tanto che poi molti si adoperano per imitarli.
La musica deve essere sempre in rapporto al momento specifico, al contesto in cui ci si esprime e sempre considerando i musicisti impegnati nel progetto. E quindi, così intesa, la musica cambia forma di conseguenza: ogni lavoro è un “film” diverso, altrimenti si racconterebbe sempre la stessa storia.

A&B: se ne deduce che non ami essere catalogato. Non pensi che possa essere uno svantaggio?

Tony Carnevale: La necessità della catalogazione non mi appartiene, perché non penso di farmi un’identità con l’appartenenza ad un genere, ma con la musica in forma libera. E’ un discorso lunghissimo che ho affrontato nel mio libro “Il suono ritrovato”. Posso soltanto dire che Arturo Stalteri – musicista e conduttore radiofonico RAI - ha forgiato per la mia musica una definizione che trovo coerente: “Sinfonismo Moderno”, nel senso che la mia musica ha un evidentissimo assetto sinfonico anche se utilizza strumenti moderni come quelli di una band. Se proprio mi dovessi catalogare, utilizzerei, ma solo per dare un’idea, una formula che ritengo più comprensibile, cioè “Rock Sinfonico”, anche se molti dei miei brani sono effettivamente più vicini alla musica sinfonica moderna, al “Modern Symphony”, appunto, nel senso più ampio.

A&B: C’è stato un periodo in cui Tony Carnevale era certamente sinonimo di rock progressivo. In tal senso, oltre al coinvolgimento nel disco di progressive de “L'Italia del Rock”, citato poc’anzi, hai lavorato ad un progetto del Rovescio della Medaglia e forse si poteva anche pensare ad un tuo ingresso tra le fila del Banco del Mutuo Soccorso. Riccardo Storti del “Centro Studi per il Progressive Italiano”, inoltre, ti ha definito “l’apripista della rinascita del Progressive in Europa”. Successivamente, però, la cosa si è spenta, come se si fosse arenata. Eppure, all’estero, continui ad essere presentato quale artista prog e sempre in termini pregevoli (basti citare il commento di Big Bang, in Francia: "...au rang des plus grands compositeurs du nouveau siècle"). Cosa è successo? Tony Carnevale: Non saprei proprio: alcune cose non sono facilmente spiegabili e forse la domanda non andrebbe fatta a me…
Tante cose sono cambiate anche nella mia vita: non mi sono mai sentito di appartenere al Progressive in toto. Se ci pensi, in fondo, è un grande calderone nel quale finiscono cose che non trovano altre collocazioni: pensa che il mio primo lavoro “Risonanze” è finito persino nell’ “Enciclopedia do Rock Progressivo” del Brasile pur non contenendo una sola nota di Prog, essendo un lavoro interamente sinfonico o, tutt’al più, classico moderno (c’era poi tutta una ricerca sulle immagini pittoriche e sulla scrittura, dove è evidentissima la proposizione di una particolare ricerca sul rapporto uomo-donna: insomma, un’opera collettiva che uscì abbinata ad un libro).
Inoltre, i puristi del Progressive mi hanno sempre rimproverato che nel mio “Live” – che pure amano molto - c’è un solo di basso “slap” che poco si sposa con il genere prog.
Capisci cosa voglio dire, quanto critico l’appartenenza ad un genere specifico? Si può diventare fondamentalisti e…ottusi.


A&B. La critica, in generale, come si è espressa nei tuoi confronti?

Tony Carnevale: Per fortuna sempre molto bene ma, a dirla tutta, se poi certi musicisti non arrivano dove potrebbero è anche un po’ colpa dei giornalisti. Qualcuno si è anche “dimenticato” di me nello scrivere un libro sul Rock Progressivo Italiano, cosa che all’estero, come tu notavi, non hanno mai fatto. Chi ha orecchie per intendere, intenda. Queste “dimenticanze” sono false passività: in realtà, sono azioni volontarie finalizzate a togliere spazi e visibilità ad alcuni in favore di “altri”.
Per carità, non tutto quello che ho fatto appartiene al progressive, come detto, ma dopo tutto ciò che è stato scritto su di me e dopo la pubblicazione su “l’Italia del rock” ed altre enciclopedie internazionali, non ti sembra un po’ strano che non si parli di me in un libro sul Progressive Italiano?
Poi ci sono anche scelte artistiche ed esistenziali che ti portano verso cose che pensi più importanti dell’apparire, come ad esempio impegnarsi nel sociale, soprattutto nella formazione di altri musicisti e formatori musicali, nel tentativo di cambiare qualcosa dalla base, regalando ad altri la tua esperienza e il tuo cercare. Ho continuato a proporre sempre lavori personali nuovi, ma non si trova il tempo per stare dietro a tutto, qualcosa finisce inevitabilmente per essere un po’ trascurata.

A&B: Abbiamo citato due grandi gruppi del passato: il Rovescio della Medaglia e il Banco del Mutuo Soccorso. Come sei entrato in contatto con ciascuno e per quale motivo entrambe le esperienze non si sono più concretizzate?

Tony Carnevale: Il Banco te l’ho raccontato.

A&B: non completamente: mi hai detto come hai conosciuto Gianni, Vittorio, Francesco e Rodolfo, ma non come ne sei uscito.

Tony Carnevale: Beh, ad un certo punto ho ritenuto opportuno andare per la mia strada ed abbandonare la collaborazione con Vittorio, mantenendo invece quella con Francesco e Rodolfo.

A&B: Cosa intendi con “collaborazione con Vittorio”?

Tony Carnevale: Vittorio mi aveva proposto di arrangiare insieme un disco del Banco, ed era proprio poco prima dell’uscita del mio secondo CD “La vita che grida”, dove comparivano anche Francesco e Rodolfo (l'album del Banco di cui si parla dovrebbe essere “Il 13”, pubblicato del 1995, di poco successivo a “La vita che grida”. NdA). Immagina la situazione: già quando facevamo ascoltare in radio il brano “La vita che grida”, che era cantato da Francesco, bisognava sempre specificare che era un mio brano, perché la voce di Francesco, senza opportune specifiche su ciò che si stava ascoltando, portava inevitabilmente l’ascoltatore al Banco. Se avessi arrangiato il loro disco si sarebbe creata una situazione paradossale: sarebbe uscito un disco del Banco con tracce evidenti del mio stile e subito dopo sarebbe uscito il mio CD, ed essendo io meno “noto”, sarebbe stato di conseguenza probabilmente additato come un tentativo di imitazione. Questo è il motivo per cui non accettai l’incarico.



A&B: E con il Rovescio?

Tony Carnevale: Per il Rovescio la situazione fu molto semplice: mi contattò Enzo Vita proponendomi di fare insieme il nuovo Rovescio ed io accettai. Lui aveva il “marchio” e qualche idea, io avevo sia dei brani che le competenze di composizione, arrangiamento e produzione necessarie: ci siamo messi all’opera e sono venuti fuori diversi brani in pochissimo tempo. Abbiamo stentato un po’ a trovare un cantante e poi, come spesso succede, ho finito per litigare con un tipo assurdo che voleva fare il produttore portando il Rovescio verso un progetto “radiofonico” che a me sembrava totalmente incoerente: Enzo gli è andato dietro e così ho mandato tutti a quel paese. Fine del progetto. (Enzo Vita rievoca quel periodo più o meno allo stesso modo, asserendo: “Negli anni ’90 feci l’errore di affidarmi a mani sbagliate”. Lo ha detto a noi di A&B qui - NdA).

A&B: Oltre ai lavori a tuo nome, hai collaborato con Patty Pravo, composto e realizzato colonne sonore e musiche per film (Luciano Emmer, Giorgio Treves, Alessandro Di Robilant, Carlo Lizzani, Giambattista Assanti, Enrico Caria, Francesca Pirani, Iole Natoli), un’opera rappresentata al Teatro dell’Opera de Il Cairo (con Maria Teresa Dal Medico, Renato Greco, Elisabetta Melchiorri, Francesca Zaccherini), pubblicità nazionali (Agip, Esso, Nestlè, Curcio, Ina-Assitalia), eventi e rubriche televisive per RAI e MEDIASET (tua, ad esempio è la sigla di “Appuntamento al cinema”, andata in onda per ben 26 anni). Quale di queste esperienze è stata la più appagante e per quale motivo?

Tony Carnevale: Mi sono sempre divertito abbastanza in tutti i vari contesti in cui ho lavorato, anche se alcuni rapporti non sono stati proprio facilissimi.
Patty Pravo, ad esempio, è un personaggio molto complesso, anche se poi di me ha sempre parlato benissimo in tutte le interviste che ha rilasciato. Anche un regista importante come Luciano Emmer era comunque una persona molto difficile. Sicuramente uno dei lavori che ho amato di più è stata l’opera coreografica “III Movimento” che realizzai con Elisabetta Melchiorri e che ha avuto importanti rappresentazioni, come appunto quella al Teatro dell’Opera de Il Cairo e al Teatro Olimpico di Roma. Pensa che è stata addirittura scritta una tesi di laurea su quell’opera. Il lavoro è stato entusiasmante: andavo in sala prove con la coreografa e “componevamo” insieme la coreografia. Un’esperienza indimenticabile: la ricerca era far diventare i danzatori parte della musica stessa, come se fossero strumenti aggiunti.



A&B: Spiegati meglio.

Tony Carnevale: Complicato da spiegare in poche parole: una specie di armonia di movimenti, quelli visibili dei corpi e quelli invisibili dei suoni, che si muovono insieme in una fusione che genera una terza dimensione, derivata dalla sinergia degli elementi in gioco.

A&B: Ci parli un po’ del tuo rapporto da musicista con il cinema? Tony Carnevale: E’ stato molto bello lavorare con le immagini, anche nei film. Il rapporto tra musica e immagine è sempre stato uno dei miei preferiti. Anche la danza è rapporto tra musica e immagine, solo che è tridimensionale e mutevole, mentre il film resta quello per sempre. Quando si compone per le immagini, in realtà lo si fa “con” le immagini, cioè si deve lavorare con la sensibilità di cogliere sempre i due elementi insieme e non separatamente. È un discorso troppo lungo e rimando di nuovo al mio libro “Il suono ritrovato” dove anche questi argomenti sono trattati ampiamente. Le esperienze più belle con il cinema sono state con le due registe ed amiche Iole Natoli e Francesca Pirani: sono storie delicate da raccontare perché il rapporto professionale si è sempre molto fuso con il rapporto personale che ci legava. Un filo comune legava poi le storie dei loro due film “A un millimetro dal cuore” della prima e “Una bellezza che non lascia scampo” della seconda, ed era proprio la musica. In tutte e due le storie, pur nella loro diversità, è presente una musicista come protagonista del film stesso. Il lavoro sulle colonne sonore è stato quindi molto particolare, perché la musica faceva parte, in tutti e due i casi, della sceneggiatura, ed in entrambi i casi alcune musiche sono state composte prima di girare le scene del film, proprio perché erano musiche di scena e non di pura colonna sonora. Quindi una bella prova per un compositore, ma con loro è stato veramente bello lavorare, proprio per il bel rapporto che c’era sia dal punto di vista umano che artistico. Alcune musiche del film di Iole sono uscite poi nel mio CD “Piano”, mentre l’intera colonna sonora del film di Francesca è uscita su CD con lo stesso titolo del film, “Una bellezza che non lascia scampo”. Con altri registi non è stata la stessa cosa… Le donne hanno qualcosa in più nel loro modo di lavorare.


A&B: Non soltanto musicista, ma anche autore di tre libri, uno dei quali già ampiamente citato.

Tony Carnevale: A ben vedere i libri sono praticamente due, perché il terzo, “Il suono ritrovato”, è un’edizione ampliata del secondo. Il primo è ormai superato, mentre il terzo è alla sua terza edizione, uscita proprio all’inizio di quest’anno. Tutto è cominciato tanti anni fa, nel 1985: da tempo, oltre a dedicarmi alla musica, cercavo di capire anche da dove viene e perché ci fa emozionare. Ho iniziato scrivendo degli articoli su una rivista di arte e scienza, poi, ad un certo punto della mia vita, come reazione ad una diagnosi poi per fortuna rivelatasi sbagliata, ho capito che tutto ciò che avevo imparato ed elaborato da solo sulla musica non poteva finire con me, doveva diventare utile agli altri: così ho iniziato, nel 2000, a dedicarmi alla formazione con un Laboratorio di Creazione e Produzione di Musica Originale, dapprima al Conservatorio (il primo Corso di questo tipo in Italia, tra l’altro), poi in altre scuole di musica di Roma. Abbiamo avuto anche prestigiosi patrocini, come quello della SIAE e dell’IMAIE.

A&B: questi Laboratori sono ancora attivi?

Tony Carnevale: Certo! Oggi i Laboratori sono ben tre! Si lavora su progetti originali dei partecipanti, dall’idea alla realizzazione definitiva sia dal vivo che in studio, in un dimensione collettiva in cui ogni partecipante realizza un proprio progetto ma contemporaneamente collabora a quelli degli altri partecipanti. Da queste esperienze dei Laboratori ho elaborato un metodo che in realtà è la diretta conseguenza di una poetica diversa, di un modo di pensare, vivere e fare la musica. Ma è un discorso molto lungo, quindi vi rimando ancora una volta al libro di cui abbiamo accennato poco fa, nel quale si propone un approccio non razionale alla musica, in netta antitesi con la didattica tradizionale basata su cose spesso inutili se non addirittura dannose!!
E’ comunque un libro per tutti che non parla solo di formazione: anzi, la musica è affrontata a 360 gradi, ed è quindi un ottimo libro per ogni appassionato, oltreché un vademecum per compositori, autori, arrangiatori, formatori, insegnanti…per tutti, insomma.

A&B: è anche a causa di questi impegni che ti esibisci dal vivo con una certa sporadicità?

Tony Carnevale: Indubbiamente pensare che la musica sia solo “suonare” è molto riduttivo. A volte guardo con un po’ di compassione quei musicisti che si affannano a stare sempre sul palco, ad “esibirsi”, a cercare sempre l’ammirazione degli altri e sono disposti a tutto pur di ottenerla. Forse un pochino di narcisismo in meno potrebbe far salire anche il livello dei contenuti che esprimono. Fare formazione è indubbiamente un modo per fare qualcosa in più per gli altri.
Ma è semplicemente il mio modo di vedere...

A&B: Una quindicina di anni fa, la rivista di psichiatria “Il sogno della farfalla” ha pubblicato un tuo articolo intitolato “Oltre i suoni materiali”, ove parli della musica come esperienza psichica. Cosa intendi, precisamente, per “esperienza psichica”?

Tony Carnevale: E’ un discorso difficilissimo e non so se riuscirò in poche parole, ma ci provo. È una visione della musica come rapporto tra fantasie umane, un linguaggio non razionale che parte da un essere umano e, attraverso i suoni, arriva ad un altro essere umano, e solo da un essere umano può essere recepito come “musica”. In questo senso, quelle che per la fisica sono soltanto “frequenze”, per gli umani si trasformano in “sensazioni/emozioni”, cioè “esperienza psichica”. Come ciò sia possibile è una ricerca profondissima che ho potuto sviluppare grazie alle scoperte scientifiche del Prof. Massimo Fagioli, in particolare grazie alla sua Teoria della Nascita, che ci ha permesso di capire la natura biologica della mente umana e quindi della realtà psichica. Ho frequentato per più di 30 anni i seminari di Analisi Collettiva tenuti dal Professor Fagioli, all’interno dei quali, grazie all’immensa generosità e geniale intelligenza di quello straordinario essere umano e psichiatra che era, si sono potute capire tantissime cose altrimenti incomprensibili. Ecco perché nel mio libro si parla anche della Teoria della Nascita, proprio perché la mia ricerca non poteva prescindere, visto l’argomento, dal chiedersi dove nasce la fantasia umana e quali sono i processi mentali che portano alla rappresentazione artistica. Solo con questa visione si può pensare di fare una formazione artistica vera, che non può “credere” a doti musicali che scendono da chissà dove. È solo, appunto, realtà psichica umana. Non ringrazierò mai abbastanza il Prof. Fagioli per quanto ha regalato a tutta l’umanità con la sua scoperta e la sua continua ricerca, che hanno permesso di capire e curare la realtà psichica e di poter sviluppare ricerche in ogni campo con una nuova visione dell’essere umano...


A&B: In quanto appassionato di vinile è doveroso chiederti se c’è la possibilità di vedere pubblicati tuoi vecchi lavori in questo formato. Se si, quali?

Tony Carnevale: Ci abbiamo pensato tanto, ma l’unico mio lavoro che starebbe su un vinile singolo è “Risonanze”. Gli altri hanno bisogno di vinili doppi e quindi anche di costi diversi. Si era in realtà parlato di fare un vinile come edizione speciale, con rielaborazioni orchestrali di alcuni brani già editi, un lavoro interamente “Symphonic Rock”. Vedremo…

A&B: E’ in cantiere un tuo prossimo album?

Tony Carnevale: In realtà da un bel po’, ma ci sono mille cose da fare. Abbiamo anche costituito ANORA, un’Associazione Culturale che ha come obiettivo la diffusione di un’idea diversa della musica e dei musicisti, un’idea di musica come diritto di tutti ad esprimersi attraverso i suoni e non come privilegio di pochi “eletti”. E poi tante altre idee, proposte, progetti, eventi. Ma penso che prima o poi, comunque, ce la farò ad uscire con un lavoro nuovo.

A&B: Cambierai ancora genere musicale o stavolta cercherai di affrontare temi e sonorità già edite in passato?

Tony Carnevale: L’idea del “Concept Album” è l’unica cosa che non penso di abbandonare, ma il progetto è di spingersi ancora di più nel sinfonismo sperimentale legato addirittura ad un testo da rappresentare anche in teatro: voglio sentirmi libero di “raccontare”, non mi interessa se poi “si vende” o no. Se ti chiudi in un genere o in un cliché perdi la libertà, perché il tuo “pubblico” ti chiederà sempre di corrispondere a ciò che si aspettano da te: mi piace pensare che da me si aspettino sempre una sorpresa.

A&B: Recentemente hai presentato la ristampa di “Dreaming a Human Symphony” presso Pink Moon, noto negozio di dischi della Capitale (uno dei pochi che ancora resiste). Perché un negozio di dischi e perché quello in particolare?

Tony Carnevale: Il negozio di dischi era per noi, da ragazzi, come il Bar per gli appassionati di calcio. Era il posto dove ci si incontrava ogni volta che usciva qualcosa di nuovo, anche per scambiarsi i dischi usati o suggerire musicisti o band che avevamo scoperto chissà come. Teniamo presente che una volta non c’era Internet e tutto ciò che ne consegue. Volevo rivivere, anche soltanto per un pomeriggio, questa magia di parlare di musica nel luogo dove la musica esiste materialmente, dove ci sono ancora i dischi, e nessun negozio mi sembrava più adatto del mitico Pink Moon, miracolosamente tenuto in vita da Alessandro Girlando, che tra un po’ dovrà essere tutelato dal WWF (risate). Tutti i miei dischi, e anche il libro, sono disponibili proprio lì…ci tenevo molto.


A&B: Puoi sintetizzarci i temi che tratti nei tuoi Workshop come il recente “Musica: cos’è e come si fa”?

Tony Carnevale: Sono dei momenti di incontro pensati per gli studenti ma anche per chi ama la musica e vuole tentare di capirci qualcosa di più su cosa la musica sia e come si fa, momenti in cui io tento di spiegare cose molto difficili con un linguaggio semplice e comprensibile a tutti, musicisti e semplici appassionati. In particolare, mi rivolgo a chi la musica la vuole proprio vivere, a qualsiasi livello, dall’amatore al professionista. È poi ovvio che, come abbiamo detto, i maggiori interessati siano quelli che la musica la studiano, poiché in un tempo che può andare da un’ora e mezza fino a quattro ore, tocco tutti gli argomenti che vanno dall’ideazione della musica fino alla sua realizzazione definitiva, passando per tutte quelle attività e figure artistico-professionali che spesso anche i musicisti stessi conoscono poco.

A&B: C’è poi questa tua proposta di pensiero nuovo sulla musica…

Tony Carnevale: Sì, la proposta del Workshop è sempre poi affiancata da un discorso nuovo sull’assetto, sul modo di pensare la musica, nella convinzione che, se pensi in un certo modo, la tua musica sarà in quel certo modo: quindi ciò che va sviluppato – e spesso cambiato – è il modo di pensare la musica stessa, offrendo una nuova prospettiva. Certo, poi si pone il problema della soggettività, cioè del fatto che ognuno può vedere le cose a modo suo: questa è la democrazia, la differenza di opinioni e il diritto di tutti ad esprimerle. Ma la verità scientifica non è democratica: possiamo metterci a discutere su dove sta il fegato o se la terra gira intorno al sole? Ci possono essere opinioni diverse in merito? Allora bisogna anche svelare molte bugie o baggianate che la didattica, con la complicità della cultura dominante, continua a propinare agli aspiranti musicisti e agli ascoltatori.

A&B: Che tipo di bugie?

Tony Carnevale: ad esempio, il fatto che musicisti si nasca o che le idee per una composizione vengano suggerite dagli angeli (come ho sentito dire da Giovanni Allevi in un’intervista televisiva). Tutte balle! Musicisti si diventa e le idee nascono da dentro di noi, dalla nostra realtà interna, stimolata da altri esseri umani o dalle loro rappresentazioni o anche da un movimento interno spontaneo.

A&B: in termini pratici. Qual è l’aspetto che potresti definire più “utile” di questi Workshop?

Tony Carnevale: L’aspetto più significativo dal punto di vista dell’utilità riguarda tutto il discorso sull’autoproduzione, sulla possibilità offerta oggi dalla tecnologia e dall’informatica di realizzare un proprio lavoro in piena autonomia e con mezzi poco costosi, offrendo a tutti la possibilità di autoprodursi e di diffondere attraverso il Web la propria musica. Sono anni che aiuto gli esordienti a realizzare i loro progetti…



A&B: parlando all’insegnante di musica e non al musicista, cosa pensi, da docente, dei format televisivi a “vocazione didattica”, come la trasmissione "Amici", ad esempio. La ritieni effettivamente una compagine idonea a sfornare giovani artisti e future promesse del mondo musicale?

Tony Carnevale: Ci tengo a puntualizzare che io non faccio l’insegnante ma il formatore...

A&B: beh, puoi usare il termine insegnante, formatore, didatta, docente, maestro.. alla fine sempre di una persona che cerca di trasmettere ad altri parte del suo sapere, facendoli crescere…

Tony Carnevale: …per me la distinzione è importante: come formatore aiuto le persone a trovare la propria identità artistica originale, sviluppando le caratteristiche e le attitudini proprie di quella persona anche in un contesto collettivo come quello dei nostri Laboratori, fornendo sempre un supporto altamente personalizzato a chi vuole sviluppare un proprio progetto artistico e un proprio stile. Non ho mai offerto un modello nel quale identificarsi, come invece fa la didattica tradizionale che offre la stessa pappa a tutti e propone l’insegnante come un produttore di tristissimi cloni. La parola “insegnare” mi suona sempre un po’ come se ci fossero cose che si fanno “soltanto” in un certo modo e tu le devi insegnare a qualcun altro: non è ciò che faccio io e non credo che riguardi la formazione di un artista, che per ovvie ragioni deve necessariamente essere originale. Per usare un gioco di parole, se proprio devi “insegnare” qualcosa, devi “insegnare ad imparare”. Tutt’al più posso concedere che alcune cose tecniche siano uguali per tutti.

A&B: …e quindi, tornando alla domanda sui format?

Tony Carnevale: la vocazione didattica dei format televisivi di cui accenni per me non esiste proprio. “Amici” – e non soltanto – altro non è che una trasmissione televisiva e, come tale, obbligata a muoversi con i criteri propri di una trasmissione televisiva, non certo con criteri didattici o musicali. Non ci si chiede mai, tra l’altro, che fine fanno gli esclusi, che magari potevano essere anche più meritevoli di quelli selezionati per la trasmissione, ma valutati come non adatti dal punto di vista televisivo.
Ho lavorato per la televisione per molti anni e posso dire che ne conosco bene i meccanismi. Gli esclusi potrebbero subire colpi fatali, potrebbero essere portati a mollare pensando di non essere capaci perché, appunto, esclusi. Esclusi da chi?? Dalla De Filippi? E chi è la De Filippi, o chi per lei, per decidere del futuro di un ragazzo o di una ragazza?
Tuttavia, non posso non notare che la visibilità che offre la televisione favorisce indubbiamente poi la disponibilità di un eventuale produttore ad impegnarsi in un progetto discografico, poiché la televisione assolve ad una delle voci di spesa maggiori per l’industria discografica, cioè la promozione. Il problema artistico, umano e quindi sociale resta la selezione a monte, che dovrebbe essere fatta con criteri completamente diversi, più coerenti con la musica piuttosto che con la necessità di proporre “personaggi”.

A&B: Discorso molto complesso, questo, che ci porta inevitabilmente a tracciare una netta demarcazione tra l’espressione artistica e l’intrattenimento.

Tony Carnevale: Sono anni che propongo questa distinzione. E’ esattamente così: “Amici” è puro intrattenimento.

A&B: Cosa pensi, invece, della competizione, della gara canora?

Tony Carnevale: non è accettabile. L’espressione artistica non può essere oggettivamente valutata: o emoziona o non emoziona. E ciò dipende da tantissimi fattori, sia culturali che personali. Entra in gioco una fusione tra sensibilità e conoscenza. Per me si tratta di una cosa troppo delicata per essere messa in mano a certi “giudici”.
C’è troppo voglia di “Colosseo” ancora nella gente, troppa necessità che ci sia un vincitore, che ci sia il “mors tua vita mea”. Si tratta di una complicità terribile tra il potere (l’imperatore/giudice) e la possibilità per il “popolino” di sentirsi parte del destino di qualcuno, di contribuire a far alzare o far abbassare il dito per determinare la vita o la morte dei poveri cantanti/gladiatori. Tutto ciò non ha nulla a che fare con la rappresentazione artistica e non fa altro che alimentare il virtuosismo vuoto e fine a se stesso, l’esercizio da circo, un’idea di musicista lontana anni luce da come dovrebbe essere. E poi non c’è niente di peggio, tornando agli esclusi, di quando ti vedi passare avanti qualcuno che è chiaramente inferiore a te come capacità interpretative, e magari anche creative, sostenuto da una folla che sembra quasi denigrare chi non sgomita abbastanza, una folla che non è in grado, o non vuole vedere oltre la figura e il personaggio.

A&B: Tony, mi fai pensare a Luigi Tenco...

Tony Carnevale: E’ una pratica violenta: esaltare la mediocrità per una propria mancanza di profondità e sensibilità a discapito di qualcosa che o non si capisce o non si vuole proprio capire… Molti artisti, nel corso della storia, ci hanno lasciato le penne. E’ la cultura di massa, che fa sentire forti tutti quelli che la pensano nello stesso modo, senza rendersi conto che quasi sempre i loro “gusti” sono condizionati e pilotati abilmente dall’industria dell’entertainment o, semplicemente, da un’ignoranza che finisce per diventare anche “cattiva” nei confronti di chi ha qualcosa di diverso da dire.

A&B: Si può campare oggigiorno di sola musica? Voglio dire: conosco decine di musicisti che sono costretti a fare altri lavori per mantenersi e, addirittura, per mantenere la possibilità di suonare…

Tony Carnevale: Mi fai domande che meriterebbero risposte approfondite e più ampie. Diciamo che la nostra attuale situazione in Italia non aiuta di certo, ma posso dire, anche sulla base di mie esperienze personali, che chi resiste, prima o poi arriva a qualcosa. È soltanto una questione di tempo e di fortuna. Sono fondamentali gli incontri, a partire, ovviamente, dalla scelta delle persone alle quali affidare la propria formazione. Troppo spesso i ragazzi scelgono “la scuola” più che il docente, finendo in un meccanismo terribile di lobby e favoritismi che spesso regola il reclutamento degli insegnanti nei Conservatori o in altre istituzioni pubbliche.
Le scuole private poi non sono abbastanza coraggiose da offrire reali alternative, finendo per scimmiottare gli stessi atteggiamenti delle scuole pubbliche, con la differenza che non rilasciano nemmeno il famoso “pezzo di carta” che tutti credono possa servire a qualcosa in una carriera musicale quando, in realtà, può servire esclusivamente nel caso di una carriera accademica da insegnante. Mozart, Beethoven e chissà quanti altri non hanno mai frequentato un Conservatorio… Lo stesso Verdi non fu ammesso al Conservatorio. Servono altri esempi per capire?

A&B: Ma se una persona vuole fare musica “per lavoro”, cosa deve fare?

Tony Carnevale: Formarsi con l’aiuto di un musicista esperto – o più musicisti esperti - e fare tanta pratica sul campo. Per fare il musicista di professione servono capacità e preparazione indispensabili a non farsi sfuggire le occasioni che capitano. E se non capitano, bisogna andarsele a cercare. Un po’ di fortuna e anche un po’ di intuizione, ci vogliono sempre. Poi, il problema di dover fare un altro lavoro si pone nel caso che le cose vadano male, ma non è detto che fare la musica per hobby sia meno divertente!
Forse, per certi versi, lo è ancora di più, visto che si è più liberi di fare quello che si vuole, tanto il ricatto della “pagnotta” non c’è. Quello che io sto proponendo da anni con il mio metodo ed i Laboratori è l’idea di prepararsi a fare il musicista di professione, cioè a lavorare su commissione, per “produrre” poi liberamente, con i guadagni e l’esperienza acquisiti, il se stesso Artista. È un po’ quello che ho fatto nella mia vita. E posso aggiungere anche, se può servire a qualcuno, che io, ad esempio, non ho mai fatto musica per il “successo”, ma per esprimermi: la necessità di farne un lavoro si lega alla necessità di una fonte di sopravvivenza, senza la quale non si può campare a meno che non si appartenga ad una famiglia ricca… e non era il mio caso.

A&B: …quindi non vedi di buon occhio la ricerca del successo?

Tony Carnevale: Il “successo” è una cosa diversa dalla realizzazione: realizzarsi vuol dire fare una cosa nella quale ti esprimi e ti senti coerente, avere successo significa che quella cosa piace a tanta gente. Tutto qui: il successo non è mai stato e mai sarà sinonimo di validità, come insegna tanta storia dell’arte e della musica, ma anche della politica, perché se si misura la validità di qualcuno dal successo di massa allora anche Hitler era una persona valida. Invece era un mostruoso assassino che ha causato la morte di milioni di persone. Vorrei evidenziare che, a volte, se si ha tanto “successo”, forse dovrebbe venire anche il dubbio che si sta proponendo qualcosa di “facile” per la cultura di massa, qualcosa nella quale le persone possono identificarsi o riconoscersi: questo non mi pare appartenga a quelle forme d’arte – ma estenderei il discorso anche alla ricerca scientifica – che propongono qualcosa di più profondo, qualcosa di nuovo ed originale che mette in crisi quanto c’è in giro in quel momento.

A&B: Quindi non c’è una formula segreta per il successo? Tony Carnevale: Chiunque ha lavorato nel mondo dello spettacolo o nell’industria dell’entertainment sa che ci sono cose che “funzionano” e cose che “non funzionano”: quelle che funzionano sono quelle che la gente si aspetta, quelle che la massa può “capire”, il messaggio adeguato alla “pancia” delle persone, come sa bene certa politica populista. Ma non tutto è comunicabile nei termini che la massa può capire: ci sono cose che hanno bisogno di altri linguaggi, di un altro livello, e finiscono per essere “nicchia” o non essere proprio prese in considerazione. A volte il “successo” potrebbe essere, paradossalmente, proprio l’ostilità che si incontra: la storia della musica e delle scoperte scientifiche può fornirci esempi a sufficienza….




A&B: Passo ora ad un giochino innocuo ma divertente. Se potessi scegliere una backing band, un gruppo che ti accompagni dal vivo - un po’ come De André e PFM, Guccini e Nomadi, Dalla e Stadio - chi sceglieresti?

Tony Carnevale: Posso proporre una piccola variante?? Ti dico quali sono i musicisti che mi sarebbe piaciuto avere nei miei lavori, nel nostro Open Project che ha sempre guardato di buon occhio la varietà degli stili: al basso Tony Levin, alla batteria Steward Copeland e Simon Philips, Rodolfo Maltese alla chitarra acustica, David Gilmour ed Eddie Van Halen alle elettriche, Francesco Di Giacomo e Greg Lake alla voce. Se dovessi scegliere una band già formata…preferirei forse i Genesis o gli Yes degli anni ‘70… Nell’attualità non c’è niente che mi smuova abbastanza.

Quale cd o vinile c’è ora nel tuo impianto stereo e per quale motivo?

Tony Carnevale: Sul piatto del mio giradischi c’è il vinile ristampato di “The Dark Side of the Moon”. Perché? Penso che i lettori di A&B mi possano capire senza ulteriori commenti. Nel lettore CD c’è invece “The Pacific” di Zimmer-Zanelli-Neely, colonna sonora della serie TV, perché la musica sinfonica resta la mia preferita e, nella modernità, soltanto nell’ambito delle colonne sonore si riesce a trovare questo filo con la storia della musica sinfonica.

A&B: Stessa domanda per un libro, non necessariamente a vocazione musicale.

Tony Carnevale: “Istinto di morte e conoscenza”, il primo fondamentale libro di Massimo Fagioli nel quale viene esposta la famosissima Teoria della Nascita umana, una delle più importanti scoperte scientifiche di sempre, che serve per capire veramente la realtà psichica dell’essere umano: un dono immenso per tutta l’umanità, dalle infinite applicazioni in ogni campo, un libro che propone una nuova antropologia.


A&B: Immediati progetti futuri?

Tony Carnevale: Il 10 Giugno terrò un Workshop sulla musica alla Biblioteca Elsa Morante di Ostia: continuiamo a diffondere questa idea della musica e dei musicisti con passione. Vogliamo far capire a tutti che, come già accennato, l’espressione attraverso i suoni è un diritto e non un privilegio per pochi “eletti”, sin da quando vivevamo nelle caverne ma costruivamo flauti e strumenti per emettere suoni che non potevano essere “imparati” da nessuno. Vogliamo diffondere l’idea che la musica è un linguaggio universale: se lascio un bambino appena nato nella giungla come Tarzan, è ovvio che non imparerà a parlare, ma ne ha tutte le potenzialità. Ecco, chi pensa di non avere “doti” musicali non ha capito che questa possibilità di esprimersi attraverso i suoni – come del resto si fa con il linguaggio parlato – è patrimonio naturale di tutti gli esseri umani. Siamo, in fondo, tutti musicisti.
Poi vorremmo organizzare un concerto con tutte le persone che hanno studiato con il metodo ANORA (che è l’acronimo di approccio non razionale), per permettere loro anche di raccontare la propria evoluzione di pensiero e di realizzazione musicale. Infine, sempre che riesca a trovare il tempo, come già accennato, uscirà prima o poi anche un mio nuovo lavoro discografico.

A&B: Ultime parole per i tuoi fans e i lettori di A&B

Tony Carnevale: Posso soltanto dire che tutti, musicisti e non, dobbiamo andare avanti nella proposta e nel sostegno di cose nuove, dobbiamo uscire dalla rassegnazione ad “Amici” o alle radio e televisioni commerciali, capendo bene che comprare un disco o andare ad un concerto o parlare di un certo artista è un po’ come esercitare un diritto di voto: nessuna casa discografica si occupa di Arte, sono solo industrie che hanno come unico scopo la vendita dei propri prodotti, senza differenza tra musica e saponette da bagno, per cui, se non vendono, vengono tolti dal mercato. Un giorno, mentre ero ospite in diretta radiofonica in RAI, telefonò un ragazzo, chiedendomi perché artisti “bravi” come me - parole sue - non erano conosciuti abbastanza e invece Marco Carta era famoso…

A&B: e tu cosa gli hai risposto?

Tony Carnevale: Che potevo rispondere? Potevo forse mettermi a fare un confronto? Sarebbe stato imbarazzante e non era la risposta che avrei voluto dare: risposi semplicemente “non lo devi chiedere a me, ma a quelli che comprano i dischi di Marco Carta e che vanno ai suoi concerti: senza di loro, Marco Carta non esisterebbe, perché la casa discografica non è un ente di beneficenza, ti tiene sul mercato solo se vendi”. Per cui teniamoci stretta la nostra “nicchia” e cerchiamo di non farla essere tale, cerchiamo di dare voce a tanti musicisti meritevoli sostenendoli nell’unico modo possibile, cioè con un’azione combinata tra pubblico e giornalisti, comprando i loro dischi, andando ai loro concerti, parlandone il più possibile sui media. E poi bisogna confidare su una nuova generazione di formatori – come sosteneva anche Ennio Morricone in un’intervista che hanno fatto a lui e a me i giornalisti dell’ADN Kronos – perché è da lì che partono i problemi della musica, dal fatto che non c’è una cultura musicale decentemente sviluppata. Non c’è altro da fare che lottare insieme e resistere al “nulla” come raccontato nel film “La storia infinita”: sostenere il “regno di Fantasia”.
Ci riguarda tutti.


Tutti i lavori di Tony Carnevale, compreso il libro “Il suono ritrovato”, sono disponibili online oppure, fisicamente, presso il negozio di dischi Pink Moon (a Roma in Via Antonio Pacinotti, 5 – 00146).
Il catalogo dell’artista si trova anche in formato digitale su iTunes, Spotify, Deezer e su tutti i maggiori distributori digitali. Il libro è reperibile anche su Amazon e IBS.















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